Nato
a Fragagnano (Ta) nel 1957, inizia presto gli
studi musicali presso il liceo musicale "G.Paisiello" di Taranto, studiando canto
e pianoforte.
Studia la tecnica della percussione con G. Tamborrino, titolare della
Cattedra di Percussioni al Conservatorio "E. Duni" di Matera.
Frequenta i corsi di musica jazz a Ravenna con J. Christensen,
P. Favre, a Poitiers (Francia) con A. Nussbaum, P. Bley, G.
Peacock, J. Abercrombie e a Siena con
R. Gatto
e E. Fioravanti.
Viene influenzato molto presto da batteristi come: E. Blackwell, P. Motian,
lavorando costantemente alla ricerca di un drumming che non sottovaluti le percussioni
di carattere autoctono (tamborre, tamburi a sonagli).
Dal 1985 svolge un'intensa attività concertistica
in tutta Europa collaborando con alcuni fra i più importanti musicisti italiani
quali: R.
Marcotulli,
E.
Pietropaoli,
G. Trovesi,
E. Rava
con cui partecipa a Festival italiani ed esteri.
L'evoluzione di Enzo Lanzo è sicuramente legata al drumming della
tradizione; tuttavia, attraverso lo studio di batteristi come Roy Haynes, Tony Oxley,
ha maturato un suono sicuramente originale. Egli ha sempre cercato come compositore
e improvvisatore di assimilare al suo linguaggio e alla sua poetica elementi della
tradizione (P.J.Jones, A. Blakey) senza sottovalutare esperienze extra-jazzistiche
in contesti culturali differenti (vedi progetto Rondonella).
Discografia:
Double Face, M.A.P.
Edizioni, 1994, distr. Fonit Cetra. Di e con
N. Giammarinaro, M. Pantaleo e G. Costa
Sfongliandosi di Paessaggio,
1998, distr. propria. Di e con J. Chirudli
Concerto per Una Vita,
ADMO, 1998, distr. propria. Con la Hil Side
Jazz Band
Isole Senza Mari, Panastudio
Production, 1998, distr. Nuova Carish. Di e
con N. Morelli, e P. Ghetti
Softly As...,
Ettore Carucci
Trio (live), Associazione T.S. Monk-Maglie, 2002,
distr. propria, con
E. Carucci
e G. Bassi
Christmassong2, Dixinitaly
+ Ottonando JAzz brass
Dixinitaly2,
Dixinitaly Jazz
Band
Italian Jazz Ensemble
Philology 2004
Rouge di
P. Balducci
Ensamble SPLASC H 2004
Import - Export
Larry Franco
Quartet - Philology 2005
Progetti
Rondonella
di Enzo Lanzo
Uno tra i ricordi più vivi
che ho da bambino è il periodo che va dai sette agli undici anni circa, praticamente
il quinquennio di scuola elementare, quando vivevo con i nonni paterni: BELLISSIMI
RICORDI! Mio nonno aveva uno stupendo calesse (in dialetto: SCIARABBALLU), trainato
da una bellissima cavalla, che lui curava meglio di sua moglie. La domenica mattina,
e spesso qualche giorno in cui non avevo voglia di andare a scuola, andavo con lui
in campagna. Percorravamo stradine e sentieri di campagna che non dimenticherò più,
sia per la bellezza incontaminata dei luoghi, sia per i profumi e le fragranze tipiche
di alcuni periodi (per esempio, durante la raccolta delle olive si sentiva in paese
l'odore dell'olio fresco, e durante la vendemmia c'era ovunque l'odore del mosto).
Lungo la strada, mio nonno era solito raccontare storielle di vita vissuta, di cui
io non mi lasciavo sfuggire neanche una virgola, ascoltando a tutte orecchie; Spesso
le storie narravano di tradimenti amorosi o di briganti che si davano alla macchia.
La ruralità di questi racconti ritorna nella mia mente, lasciandomi una bellissima
sensazione di libertà e di pace: Da qui l'idea di raccogliere i canti popolari della
zona. Ho scoperto un patrimonio culturale locale molto vivo di fermenti di carattere
bucolico e contadino.
Molto
di quel materiale è stato dimenticato. Il lavoro che uomini e donne svolgevano nei
campi è stato sostituito dalle macchine, e la maggior parte della popolazione locale,
oggigiorno, non vive più soltanto della coltivazione di queste terre. Ecco perché
i canti popolari, intonati e tramandati di padre in figlio, sono andati quasi completamente
perduti.
"Rondonella" è uno di questi canti, a mio avviso il più significativo. Vissuta all'inizio
di questo secolo, era una donna priva di inibizioni. Di lei si innamoravano tutti,
attratti e stregati dal suo essere solare, e forse non solamente.
Si dice che quando era innamorata,
dava tutta se stessa, anima e corpo. Sulla figura di questa donna aleggia un velo
di mistero, che la consacra a una specie di eroina locale, di cui la fantasia popolare
ne amplia a dismisura i tratti e le vicende.
Era dunque una donna libera,
e la sua libertà entrava spesso in contrasto con in tessuto sociale e culturale
dell'epoca; Ciò ci lascia immaginare che deve aver avuto non pochi problemi per
autodeterminarsi. D'altro canto, la problematica dell'autodeterminazione, è ancora
accesa in molte regioni del mondo, in cui è comune anche il sentimento che la parola
"libertà" infonde.
Buon Ascolto.
I musicisti:
Batteria, percussioni e voce recitante: Enzo Lanzo
Pianoforte e diamonica:
Gianni Lenoci
Contrabbasso: Giorgio Vendola
Sax e voce recitante: Vittorino Curci
Tromba: Enzo Deluci
Sax ten. e sop.: Felice Mezzina
Violino: Leo Gadaleta
Boastful Speeches
di Enzo Lanzo
Negli ultimi decenni tanto
è successo, cose veramente importanti, belle, ed altre tragiche e terribili, e tante
altre si avvicenderanno: <<todo cambia>>. Di questi grandi eventi però a noi è concessa
soltanto una parte, solo un dettaglio. La tv, la radio e sui giornali non passa
altro che UNA PARTE DELLA REALTA', UNA PARTE DELLA VERITA', molto spesso gia interpretata.
Questi dettagli, sono stati per me la fonte di ispirazione di questo lavoro. In
tutta sincerità, inizialmente non avevo molta voglia di iniziare un'altra esperienza.
Erano molte le riflessioni che facevo sulla necessità di dare alle stampe un'altro
CD: Ci sono troppi CD in giro? Non ne intravedevo l'utilità? O forse stavo attraversando
un periodo di "crisi" ? Di ragioni ce ne sono tante, e se vado avanti entro inevitabilmente
nella polemica, e me ne guardo bene dal farlo. Molte di queste simili menate, nell'arco
di un mezzo decennio, mi hanno preso la testa e nel frattempo il mio raccoglitore
di musiche si ingrossava mese dopo mese. Mi chiedevo del perché continuassi a scrivere
musiche, se non mi interessava registrarle……! ! ? ? Inizialmente pensavo di dedicare
il lavoro all'Africa, non ci sono mai stato, ma il mio amore per "il continente"
è molto grande. Il primo brano del cd, Abakwa, è infatti dedicato ad essa. L'abakwà
è una religione animista proveniente dalla Nigeria, portata nelle Americhe durante
la tratta degli schiavi tra il XVI e il XIX secolo, insieme ad altre religioni come:
la Santeria, il Candomblè il Palomonte, ecc. Queste religioni con i loro riti primitivi
a carattere musicale si sposano in maniera particolarmente originale con il Cristianesimo
e con la musica di derivazione europea già praticata nelle americhe, trovando nuova
linfa vitale. L'abakwa è anche un pattern ritmico in 12/8 molto usato in America
latina, in cui una pulsazione ritmica di quattro tempi si sovrappone ad' una in
tre tempi. Il secondo, Without log, è dedicato ad Ornette. L'amore per il maestro
dell'armolodia è sempre stato presente nella mia vita, e più passano gli anni più
diventa indispensabile. Il terzo, Moonlight, è una mia rappresentazione della "luce
della luna". Mi piace pensare che la luna irradi luce nella notte, a ricordo del
fatto che anche nelle tenebre possiamo trovare uno spiraglio di luce.....quando
pensiamo di aver perduto tutto, basta guardarsi intorno, c'è sempre qualcosa che
è lì per noi. Il quarto, A frimelos like Pierluigi, è dedicato ad un carissimo amico
che vicino al quarto di secolo di vita, decide di non condividere più con noi questa
esistenza terrena. Il quinto, the Shaman, è dedicato alla preghiera degli sciamani.
"Quando un profeta è ispirato, perde conoscenza, il pensiero svanisce e abbandona
la fortezza dell'anima, ma lo Spirito Divino vi si è introdotto e vi ha preso dimora
e ciò farà risuonare tutti i suoi organi perché l'uomo possa esprimere chiaramente
ciò che gli suggerisce lo spirito". Questa citazione di Filone del primo secolo
dopo Cristo esprime molto chiaramente il percorso sciamanico. Il sesto, Ramì Al
Dourrà: Qualche anno fa sui telegiornali e giornali di tutto il mondo è passata
un'immagine agghiacciante: Un bambino nella striscia di gaza che si riparava dalle
pallottole dietro suo padre, ed entrambi dietro un vecchio e arruginito bidone di
petrolio. Il bambino purtroppo fu colpito in pieno da una di quelle pallottole.
Si chiamava: Rami Al Dourrà. Il settimo, è dedicato a tutti i politici presuntuosi,
come i loro discorsi. Ne ho letti ed ascoltati quanto basta per farmi un'idea di
quanto almeno l'80 per cento siano tendenziosi,
pretenziosi e falsi, uno schiaffo morale all'intelligenza pubblica. L'ottavo, è
dedicato a Sole e Baleno, la loro storia mi ha profondamente toccato. Il nono, è
semplicemente una preghiera. Buon ascolto
1. Abakwa.....................................E. Lanzo
2. Without log...............................E. Lanzo
3. Moonlight..................................E. Lanzo
4. A Frimelos like Pierluigi...............E. Lanzo
5. The Shaman.............................Ottaviano-Lanzo-Vendola
6. Rami Al Dorrà............................E. Lanzo
7. Boastful Speech.........................E. Lanzo
8. Mr. Pop.....................................E. Lanzo
9. A prayer....................................E. Lanzo
Tonante. Piango
di Enzo Lanzo
Il progetto prende spunto da
una serie di considerazioni, ricordi, vicende e studi che hanno caratterizzato un
singolare periodo della mia vita: gli anni Settanta. Premetto, che tutto ciò che
ho pensato, scritto ed elaborato non è altro che il frutto di una sorta di commistione
tra fantasia, ricordi ed avvenimenti speciali. Dal punto di vista concettuale, il
progetto è fortemente caratterizzato da una visione del tutto legata ad avvenimenti
rimasti impressi nella mia mente: il ‘68; la strategia della tensione negli anni
Settanta e il suo sfondo sociale e politico a tratti criminale da parte di squadre
di "sognatori della politica"; l'uccisione di Pier Paolo Pasolini nel
1975 (ricordo le parole di Alberto Moravia in questa
tragica occasione. Disse: «Hanno ammazzato un poeta». Aveva ragione!); la musica
degli Henry Cow, di Jimy Hendrics; il Mistero buffo di Dario Fo; la nascita della
"Comune" ecc. ecc.
Il
16.03.1978 ero a Roma, ci arrivai da militare, avevo
appena finito il C. A. R. a Pesaro, quel giorno avevano rapito l'Onorevole Aldo
Moro, trovato morto circa due mesi dopo, per l'esattezza, il 9 Maggio. Arrivavo
in una città sconvolta da questo avvenimento. Avevo venti anni! Attraverso il ricordo,
sento ancora l'odore di quel trimestre romano, un odore strano e incomprensibile,
prevalentemente generato dai frequenti turni di guardia nella cittadella militare,
ma anche da alcuni avvenimenti vissuti nella società civile, in cui vivevano un
tale fermento di idee, di movimento di opinione, di cambiamento, che mi mettevano
letteralmente in crisi. Una sera, a un concerto tenuto in clandestinità in una vecchia
officina abbandonata, ad un tratto qualcuno gridò: «La polizia!». Fu il caos. Correvano
tutti, a destra e a manca, saltando le panchine e in un attimo non vidi più nessuno.
Io, come gli altri, scappai attraverso una finestra con un amico. Una volta in strada,
alla vista dei poliziotti, corremmo nella direzione opposta, perdendoci in città.
La stessa impressione, attraverso altre esperienze, ebbi quando fui trasferito a
Bologna. Riprovo, ripensando a quel periodo, la stessa sensazione di paura e di
avventura che provai allora. Questi ricordi, misti all'Arte - vista in senso totale
-, ai temi della libertà e della giustizia sociale che hanno caratterizzato alcuni
movimenti di massa, in quegli anni, sono stati il trait d'union nella direzione
di una composizione "totale".
I mezzi e gli strumenti che conosco meglio, per trattare questi argomenti, sono
usati attraverso una strettissima relazione con l'invenzione artistica, anche fine
a se stessa, così come hanno fatto Tristan Zara e André Breton, ai quali va la mia
profonda ammirazione e devozione.
«Automatismo psichico puro col quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente,
sia per iscritto, sia in qualsiasi altro modo, il funzionamento reale del pensiero.
Dettato del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione,
al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale»
Questa è la definizione del Surrealismo fatta da André Breton nel primo manifesto
del 1924. L'uso improprio del termine e le troppe interpretazioni date, lo inducono
a chiarire "una volta per tutte" i fondamenti principali.
Sono profondamente attratto da questa visione "dell'essere", e dell'arte, per cui
diventa una specie di riscoperta di colori, suoni, e "visioni", attraverso il filtro
delle onnipotenti associazioni oniriche e del pensiero "scollegato".
Il progetto si fonda su alcuni punti cardini dell'esperienza Surrealista: la composizione
meccanica e la sua associazione con l'assenza del "pensiero" nella improvvisazione
musicale. In altre parole, la musica interviene nel gioco Surrealista alla stessa
maniera con cui interviene il testo: estemporanea e meccanica. In questi ultimi
sei-sette anni, mi capita molto spesso di non riuscire a completare delle letture,
tutti classici anche molto importanti, come: Il Dottor Zivago di Pasternak (su cui
mi imporrò di finirne la lettura), Delitto e castigo di Dostoevskij, La cognizione
del dolore di Gadda e molti altri. Inizialmente non davo molta importanza alla cosa,
non riuscivo ad evidenziarne il senso, cominciavo ad interrogarmi, anche abbastanza
spesso del significato di tale singolare situazione. Mi interrogavo del perché a
un certo punto della lettura mi annoiavo, non ero più stimolato. Ciò che leggevo,
non mi avvinceva più, tutto diventava melenso e sdolcinatamente banale. La descrizione,
fine a se stessa, anche dei minimi particolari di una stanza, o di un giardino visti
dal punto di vista del protagonista, mi recava fastidio.
Mi indispone il racconto di luoghi comuni e il carattere di pura circostanza delle
osservazioni e delle illustrazioni. Poi ho compreso: lo spirito ha/è "altro" e non
ha nulla a che spartire con le "cartoline illustrate" nei romanzi. Osserva Breton:
«I cervelli si lasciano cullare da quell'incurabile mania che consiste nel ricondurre
l'ignoto al noto, al classificabile».
Alimentare lo spirito, era dunque la lacuna da colmare.
La lezione di questi due grandi artisti mi ha profondamente influenzato. A loro
mi sono ispirato scrivendo i versi di: "Ricordo introspettivo", "Mister Pop" e "Più
o meno ‘900". La maggior parte del lavoro e la creazione artistica generale sono
impostati, dal punto di vista "estetico", sui solchi tracciati da questi due artisti:
«La ragione non può in nessun modo ostacolare la creazione artistica ispirata da
una visione onirica».
Penso che una qualsiasi forma d'Arte avulsa da tutti questi elementi di carattere
politico, sociale, di vissuto personale, di invenzione - anche fine a se stessa
- non sia sufficientemente alimentata, morrebbe in agonia, di una morte ingiusta
e vigliacca. Quando cominciai a preparare il materiale per questo progetto, pensavo
alla Storia: «la Storia siamo noi». Alle Religioni: «le Religioni siamo noi». Al
Sociale: «il Sociale siamo noi»…?…………. …..«LA STORIA MUORE!» ? ?
«Cerco continuamente l'infinito. Rincorro assetato l'equilibrio di un'estasi; In
un attimo mi sfugge nel finito mondo scuro. Accecante bagliore di vita. Profondo
amore crepuscolare………….. Piango. Piango. Piango. Tonante piango. Piango. Piango.
Piango. Piango. Piango. Tonante piango. Piango. Piango. Piango. Piango. Piango.
Tonante piango. Piango. Tonante. Piango. Piango. Tonante. Piango. Piango. Tonante
piango. Piango. Piango. Tonante piango. Piango tonante. Piango. Piango. Tonante
piango. Piango. Piango tonante. Piango. Piango tonante. Piango. Tonante piango.
Tonante. Piango tonante. Tonante. Piango tonante. Tonante. Piango Tonante. Piango
Tonante. Tonante. Tonante. Tonante. Piango Tonante. Tonante.!!!!!!!!»
I musicisti che lo compongono sono:
Enzo Lanzo, Batteria e percussioni
Mirko Signorile,
Pianoforte e organo
Michele Colaci, Contrabbasso
Lauro Rossi, Trombone
Michele Carrabba, Sax tenore e soprano
Achille Succi, Clarinetto basso e sax alto
Scritti:
La poliritmia nel linguaggio
jazz
di Enzo Lanzo
L'idea di condividere e passare
la mia esperienza sul ritmo e sulla poliritmia,nasce dalla consapevolezza maturata
in oltre dieci anni di attività didattica e concertistica, della insufficiente padronanza
del ritmo e dei poliritmi da parte dei ragazzi, ma anche di qualche musicista con
già alle spalle una discreta esperienza. Le cause, a mio avviso, sono da ricercare
primo, nella insufficiente attenzione da parte degli insegnanti delle scuole di
base nell'affrontare l'argomento specialmente dal punto di vista della pratica quotidiana,
e in secondo luogo la mancanza di corsi, anche in strutture private, che trattino
l'argomento in maniera sufficientemente dettagliata.
In questi ultimi anni con l'istituzione delle cattedre ordinarie di strumento musicale
nelle scuole di base (ex corsi sperimentali di musica), dovremmo cominciare ad avvertire
un'inversione di tendenza. Questo studio in forma di stage cerca di colmare le lacune,
affrontando a vari livelli la questione mettendola di fronte ad uno specchio……..come
se fosse un elemento di contrasto che mette in evidenza le insufficienze ritmiche
portandole a coscienza. Va da se il fatto che solo un costante e meticoloso studio
giornaliero porta ad una vera e propria padronanza profonda del ritmo e dei poliritmi.
Lo stage inizia dall'osservazione generale di tutti gli elementi che con il ritmo
hanno una stretta affinità, vale a dire: Il tempo, il moto, il metro, il suono,
la costruzione ritmica delle frasi ecc. ecc. Dopo un passaggio chiarificatore dei
suddetti elementi si passa alla spiegazione tecnica e storica di come il poliritmo
nella musica contemporanea, e specialmente nel Jazz, sia una tra le tappe obbligate
verso la "via della musica". Il secolo appena trascorso è stato il più importante
sotto l'aspetto del ritmo, per via di quella straordinaria esperienza che è stata
il Jazz. Questa musica, come nessun'altra, ha fondato la sua essenza nonché la sua
fortuna, sul ritmo. Da J. R. Morton, a C. Parker e attraverso J. Coltrane, fino
alla new experience americana ed europea, il ritmo è il principio ispiratore, il
nucleo di un atomo ancora oggi in grande fermento. Il secondo passo consiste nella
spiegazione tecnico - teorica dei poliritmi, illustrandone il movimento. Il terzo
passo è la pratica manuale e canora del poliritmo, vedere il suo singolare movimento
con l'ausilio del canto o di alcune frasi suonate alla batteria o al pianoforte,
diventa un'esperienza primaria nella visione dei propri limiti. Non mancano gli
esempi tratti dai dischi, con brani di autori prevalentemente di jazz come T. Monk,
S. Rollins, D. Ellington, C. Parker, ecc.
L'esperienza finale dello stage consiste nel cantare e suonare melodie in una costruzione
poliritmica per un collettivo orchestrale: vocale - strumentale.
Per contatti e informazioni:
Enzo Lanzo
email: info@enzolanzo.com
web: http://www.enzolanzo.com
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Data ultima modifica: 26/06/2006
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