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Edizione n. 20 per il Festival de Musica Visual a Lanzarote

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by Estudio Bruto

Nel 1987, l’artista Ildefonso Aguilar invitò Brian Eno a suonare a Lanzarote. Da quella fortunata occasione, due anni dopo, nacque il Festival de Musica Visual, oggi giunto alla edizione n. 20 (l’intervallo ampio è dovuto ad alcuni anni di pausa forzata), organizzato dal Cabildo di Lanzarote. Chi ha avuto la fortuna di visitare l’isola può immaginare cosa significhi ascoltare un certo tipo di musica di qualità in spazi unici al mondo come l’Auditorio de Jameos del Agua, la Cueva de Los Verdes, o il vulcano El Cuervo. Solo un grande artista come Aguilar poteva ideare un festival come questo, che coniuga mirabilmente in un unico evento spettacolare i suoni, gli spazi e le immagini proiettate della sua pittura e delle sue fotografie di potente bellezza. Questo insieme crea un unicum, e rappresenta un capitolo importante nell’attività creativa di Aguilar. Considerato l’erede spirituale di Cesar Manrique, egli usa creativamente i materiali della sua terra aspra e bellissima: legno e sabbia. Con un uso della fotografia e del colore molto personale restituisce artisticamente i paesaggi minimalisti di Lanzarote, ed è inoltre un importante musicista che registra e utilizza i suoni della sua terra con l’utilizzo di diversi strumenti, tra cui chitarre e un minimoog. Sensibile ambientalista ed ecologista, ispirato anche da lontane terre come l’Islanda, Aguilar è un artista contemporaneo di straordinario valore e sensibilità.

Tornando a Brian Eno, Ildefonso aveva iniziato già prima del 1987 a collocare installazioni sonore con musiche di questi nel sito di Jameos del Agua. Lo invitò dunque a suonare nell’isola con il suo gruppo proprio nel medesimo sito, dove Eno fece due concerti, intitolati Two Opal Evening, che ebbero un successo notevole, dato che non aveva mai suonato prima in Spagna. Da lì, ci ha raccontato Ildefonso, nasce l’idea di creare un festival di musica contemporanea negli spazi naturali dell’isola, Jameos del Agua, Cueva del Los Verdes, Volcan del Cuervo e diversi altri, con l’appoggio promozionale di Eno: un festival appositamente pensato per l’isola di Lanzarote. Disgraziatamente l’iniziativa ebbe un lungo periodo intermedio di interruzione (2003-2016), ma successivamente ripartì. Il titolo di Musica Visual nasce fin dal principio, perché era inteso come un modo per mettere in relazione i suoni e gli spazi dell’isola, le installazioni visuali non solo di Aguilar, ma anche dello stesso Eno, di Russell Mills, a volte elementi scultorici mobili creati per i concerti. Al festival ha suonato anche in due occasioni il contrabbassista Stefano Scodanibbio, e tanti altri artisti come Anouar Brahem, l’Hilliard Esemble, Dino Saluzzi, Andreas Vollenweider, Tord Gustavsen, Anja Lechner, Nils Petter Molvaer, Jon Balke, Ryuichi Sakamoto, Craig Taborn, gli Uma Elmo, solo per citarne alcuni. Persino Manfred Eicher è stato presente alla decima edizione, ed è ottimo amico del festival.

Chi scrive ha seguito i concerti del primo fine settimana: Mette Henriette, Bugge Wesseltoft e Alizulh.

Henriette è una sassofonista norvegese, di etnia Sami, con ampie collaborazioni internazionali, che ha inciso due dischi per l’Ecm. Nella incomparabile cornice dell’Auditorio de Jameos del Agua, creato da Manrique, uno dei più belli al mondo, la sassofonista ha suonato in trio con il connazionale pianista Johan Lindvall e il violoncello dell’australiana Judith Hamann. Un ensemble cameristico per un finissimo lavoro sul suono, teso ricamare atmosfere delicate, tonali e sempre peculiari, come sussurrate, quasi ad accarezzare l’esaltante bellezza del luogo. Trio dal grande affiatamento, che ha interpretato alla perfezione gli intenti musicali della sassofonista, con interventi misuratissimi del violoncello e sontuosi arpeggi classicheggianti del pianoforte, fino a far emergere il suono del sax tenore nella sua pienezza. Composizioni meditative, a tratti misteriose, sempre mirabilmente suggestive, in evidente stile Ecm, come ci si attendeva. La quintessenza di un contemporaneo approccio europeo al jazz, per una musica che ha volato alto sul filo della poesia.

Wesseltoft ha avviato negli ultimi tempi una feconda collaborazione in trio con il contrabbassista Arild Andersen, che chi scrive ha avuto modo di ascoltare lo scorso luglio al Garana Jazz Festival. Lì il terzo elemento era il batterista Gard Nilssen, a Lanzarote la percussionista indiana Sanskriti Shrestha, presente nel recente disco del pianista, «Am Are». Due diverse concezioni di trio: con Nillsen, la potente enfasi ritmica che imprime alle composizioni dei tre una forza trascinante, con Shrestha, complice anche il ruolo fondamentale dello spazio dell’Auditorio e la proiezione delle opere di Aguilar, una musica più sobria, anche qui feconda, felicemente meticcia e totalmente affascinante. Wesseltoft come sempre fa un uso intelligente e opportuno dell’elettronica, che si incrocia in duo con la voce della percussionista, a disegnare nell’aria avvincenti sogni musicali, e il contrabbasso di Andersen duetta creativamente con le tablas sul filo di un’improvvisazione altamente creativa. Per non dimenticare i momenti in solo, di Wesseltoft ma anche di Shrestha, che sfoggia una tecnica formidabile. Ritengo che i due trii di Wesseltoft lo collochino senz’altro, nella mia personale classifica, come miglior musicista europeo dell’anno.

Altra location del festival è la Sala Buñuel del Centro di Innovazione Culturale El Almacén, ad Arrecife, anche questo creato da Manrique. Nella sala stracolma ha suonato un duo di Gran Canaria, Alizulh, composto da Héctor Matacherry (alias Anhelo), tastiere e sintetizzatori e Santi Pérez (alias Svesda), voce, chitarra e sintetizzatori, sempre con gli effetti visuali di Aguilar. Voce delicata, canzone, atmosfere ambient, per una apprezzata performance. A contornare il festival, la preziosa installazione sonora multicanale di Pablo Sanz, Tibata Je Afectos Aurales de las Islas Canarias, sempre nel medesimo Centro.