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Francesco D’Auria, Michel Godard, Tino Tracanna (Spiritus Spiritus – Live at Jazz in Bess)

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Caligola 2024

  1. Monetina
  2. Il cielo
  3. Pow How
  4. Meeting’s Dance
  5. Sogni di Pietro
  6. Kalim-bone
  7. What Will We Do After Sunday

Francesco D’Auria: batteria, percussioni, Hang
Michel Godard: tuba e serpentone
Tino Tracanna: sassofono tenore e soprano

Francesco D’Auria pubblica il secondo disco a suo nome per la “Caligola records”, a due anni di distanza dal precedente “Lunatics”. Stavolta sono con lui Michel Godard e Tino Tracanna, musicisti con cui il percussionista comasco ha collaborato sovente nella sua articolata carriera.

I brani del cd, registrato dal vivo a Lugano, sono per la maggior parte a firma del band leader, tranne uno per ciascuno dei qualificati partners, e uno scritto in coppia con Tracanna. L’album consta di sette pezzi, tutti piuttosto lunghi, dai cinque ai tredici minuti, e racchiude una musica variegata, fra sapori etnici, mediorientali, accenti caraibici, giocosi, fluttuando da parentesi di un free aggraziato, a parti macchiate dal blues, a sequenze vicine ad una world music non facilmente localizzabile, ma appunto appartenente ad un luogo non precisato.

D’Auria, con le percussioni, segna un ritmo continuo, senza posa, e fa da regista, comanda il gioco, imponendo una determinata scansione, una particolare atmosfera, e fungendo da traino ai due fiati. Godard e Tracanna, sollecitati, tengono agevolmente botta. I due, infatti, lavorano di spada e di fioretto, intersecando le loro voci, dopo aver esposto i temi all’unisono, impegnandosi in contrappunti incisivi ed elaborando, successivamente, assoli svincolati da regole e compositivi nel fondo. Per arricchire timbricamente la tavolozza dei colori a disposizione, poi, il percussionista, utilizza pure l’hang, strumento di fabbricazione svizzera, con un suono simile al gong balinese e allo steel drum, perfetto per certi climi e ambientazioni. I tre, inoltre, si muovono con disinvoltura anche senza uno strumento armonico alle spalle, poiché approfittano della libertà tonale, insita nel progetto, per costruire una proposta carica di vivacità e di risorse espressive, godendo in pieno di questo tipo di autonomia.

Fra le sette tracce si fa particolarmente raccomandare “Il cielo” per la delicata pulsazione ritmica alimentata da D’Auria, vagamente orientaleggiante, e per gli interventi dirompenti e propositivi di sassofoni e tuba.

“Spiritus spiritus” è, in conclusione, un disco intelligentemente gradevole o gradevolmente intelligente, che dir si voglia, poiché è bene organizzato e suonato, secondo tutti i crismi, da un terzetto di signori musicisti che sanno dialogare proficuamente fra di loro al servizio di un’idea pregnante.