Dal palco del Traetta Opera Festival, il Trio In Jazz rilegge i Concerti Brandeburghesi, rivelando come la grande musica possa viaggiare nel tempo e nello spazio.
Cosa avrebbe pensato Christian Ludwig, margravio di Brandeburgo-Schwedt, se avesse ascoltato riarrangiati in chiave jazz i celebri Concerts avec plusieurs instruments, che Bach gli dedicò nel 1721, quando era kapellmeister al sevizio del principe di Anhalt-Köthen?
Solo un sacco di bene! Perché l’abbraccio (fusion?) tra le armonie del più rutilante genio barocco di tutti i tempi con lo swing, l’improvvisazione, le sincopi, il profluvio di progressioni armoniche e le audaci scale modali – ciò che fa la complessa ma meditata libertà espressiva del jazz – è un dialogo vivo e pulsante, una melodia intensa e profonda, antica e sorprendentemente attuale.
Non è un caso che Bach, nato a Eisenach nel 1685, due secoli prima della genesi della musica afroamericana, sia considerato da molti musicisti di jazz il precursore del loro linguaggio.
Come sanno bene gli autori del progetto In Jazz, che si sono esibiti al Traetta Opera Festival, nell’ambito della sezione Ri-letture: il trio composto da Giuseppe Nova al flauto, Giorgio Boffa al contrabbasso e Giovanni Scotta al pianoforte ha incantato il pubblico del Teatro Traetta con un raffinato e persuasivo intreccio tra barocco, jazz e contemporaneo.
Flautista di fama internazionale, dotato di una tecnica superlativa, originale interprete dei “testi sacri” ma anche autorevole ispiratore di innovativi progetti, Giuseppe Nova forte di una vivace versatilità mette in campo esperienze di crossover, grazie alle quali la musica barocca incontra il jazz con naturalezza e originalità.
Giorgio Boffa, contrabbassista e compositore, ha studiato al Conservatorio G.F. Ghedini di Cuneo e ha collaborato con artisti come Ezio Bosso e Andrea Bacchetti. Attivo in ensemble che esplorano il dialogo tra classica, jazz e folk, ha scritto colonne sonore per teatro e documentari.
Pianista e arrangiatore, noto per la sua capacità di fondere scrittura classica e improvvisazione jazzistica, Giovanni Scotta, ha curato arrangiamenti originali di Bach e Bernstein, contribuendo a progetti innovativi come Bx3 e In Jazz, con una sensibilità artistica che valorizza ogni contaminazione stilistica. Una compagine ben assortita, in grado di associare in modo sapiente struttura formale e rigore compositivo del barocco con l’improvvisazione e il dinamismo del jazz.
La serata si è aperta con un omaggio a Claude Bolling, compositore e pianista francese che ha saputo fondere, muovendosi sulla scia di maestri come Duke Ellington e Oscar Peterson, jazz e classica con inedita eleganza e sensibilità. Le sue celebri suite – per flauto, violino, violoncello e tromba – rilette dai msicisti di In Jazz hanno dato vita ad un continuum espressivo armonioso e coinvolgente.
L’esecuzione della Suite n.1 di Bolling ha subito tracciato la rotta: Baroque and Blue, Sentimentale e Veloce hanno danzato tra swing e contrappunto, con il flauto protagonista di un serrato dialogo con il piano e il contrabbaso.
Ed eccoci a Johann Sebastian Bach, cuore pulsante della serata, riletto con audacia ma non senza profondo rispetto. Dalle Badinerie e Solfeggietto in Jazz ai Jazz in Brandenburg, con movimenti tratti dai concerti n.1 BWV 1046, n.2 BWV 1047 e n.4 BWV 1049, le complesse ma delicate architetture musicali del più illustre kapellmeister della storia si intrecciano con la verve e la ricchezza cromatica del jazz, proponendo un inedito caleidoscopio sonoro, plasmato dagli arrangiamenti di Giovanni Scotta e Rino Vernizzi.
Un momento di grande intensità ha segnato la prima esecuzione assoluta di Autoritratto, opera del giovane compositore pugliese Gabriele Cavallo, commissionata dal TOF come omaggio a Tommaso Traetta. Un viaggio intimo e meditato, attraverso il quale il passato si riflette nel presente, suggerendo tutta l’energia, l’originalità e la profondità dello sconfinato e prezioso repertorio del compositore bitontino.
A chiudere, il medley da West Side Story di Leonard Bernstein ha portato Broadway sul palcoscenico del Traetta, tra ritmi latini e melodie immortali. Un finale travolgente per una serata che ha dimostrato come la musica, quando è riletta con intelligenza e passione, è in grado di attraversare i secoli e parlare con immutata sensibilità alle nuove generazioni. Una chiosa suggellata dall’ultimo brano (il bis a grande richiesta): l’arcinota Aria sulla quarta corda, in 5/4, che ha letteralmente incantato l’uditorio.
La musica dei maestri Nova, Boffa e Scotta s’inserisce nel solco di una grande tradizione, quella ascritta al Modern Jazz Quartet, gruppo che negli anni cinquanta del secolo scorso e sino agli inizi degli anni ’90, ha saputo fondere il linguaggio e le sonorità afroamericane con la musica colta europea. Con arrangiamenti sofisticati, contrappunto barocco e forme classiche come la fuga e la suite, il MJQ ha elevato il jazz a musica da camera, mantenendone viva l’anima “ribelle”. John Lewis, pianista e mente del gruppo, e Milt Jackson, cuore pulsante al vibrafono, hanno incarnato una tensione creativa che ha reso il MJQ un manifesto estetico. Una lezione che il Trio In Jazz dimostra di aver appreso alla lettera e di saper tradurre in un’esperienza assolutamente contemporanea, coinvolgente e originale.
Nella foto in alto, il Trio In Jazz: Giovanni Scotta, Giorgio Boffa e Giusppe Nova





