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Coltrane o Della Conoscenza: considerazioni miste ordinate a partire dall’analisi di “A Love Supreme”: Psalm

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di John William Coltrane
(Hamlet, NC, 23 set 1926 – New York, 17 lug 1967)

1.Acknowledgement (7:47)
2.Resolution (7:22)
3.Pursuance/Psalm (17:50)

Recorded Dec 9, 1964

John Coltrane tenor sax
McCoy Tyner 
piano
Jimmy Garrison 
bass
Elvin Jones 
drums

4. Psalm
L’ultima sezione è una sonorizzazione della lunga preghiera scritta da Coltrane e riportata sull’LP originale e sul CD Impulse. Tutto il testo viene scandito dal sax di Coltrane facendo uso dei suoni dei modo minore di Do.

Proprio come in una liturgia, l'”AMEN” del “celebrante”, finale della preghiera, viene ripreso come in una risposta di un virtuale “fedele” presente da un altro sax sovrainciso dallo stesso Coltrane.

La melodizzazione delle sillabe della preghiera finale è un altro legame formale con la religione; il gregoriano fa aderire sempre melodia e testo in un tutt’uno: spesso addirittura, come ormai assodato grazie alle ricerche di Marius Schneider [1], il singolo suono ha un valore simbolico, e a stesso suono in senso assoluto viene collegato stesso simbolo (animali, oggetti, parole) in diverse culture. Il suono “re” dei Maya (la divinità) è lo stesso re dei monasteri provenzali, e (inconsapevolmente?) Coltrane melodizza la parola Dio quasi sempre con la nota do reale, che, curiosamente, sul sax tenore è un re.

Le “fasi” che si trovano nella diversificazione del fraseggio e della conduzione della tensione all’interno della melodizzazione della preghiera ricalcano le stesse quattro dell’intero LP, cioè dell’intera suite; anche nella preghiera, infatti, si trova un “ringraziamento” in cui ci si “ingrazia” la divinità (riferimento a Acknowledgement), poi alcune considerazioni che convincono della necessità dell’azione di congiungimento con l’essere supremo (Resolution), poi l’azione (Pursuance) e un’estasi di pace (Psalm stesso) (simile struttura avrà anche il successivo LP Meditations).

L’ordine dei piccolo, o della parte, è lo stesso del grande, o del tutto: mistero di fede per molti, intuizione scientifica per altri, questa realtà trova spazio anche nell’opera di Coltrane.

Il novecento vede ad esempio nel Kubrick di “2001” un promulgatore dell’intuizione del microcosmo nel macrocosmo; l’astronave e il viaggio, simbolo di ogni percorso speculativo e interiore, alla fine non trova altro che un feto: la colonna sonora non a caso fa largo uso dei famoso frammento del poema sinfonico di Richard Strauss “Also Sprach Zarathustra” 1896) liberamente ispirato a Nietzsche. Il frammento musicale insiste su tonica, quinta, tonica e decima: i tre armonici della fondamentale, riordinati in senso orizzontale, compongono la triade perfetta maggiore, stabile perché disposta secondo gli armonici della propria tonica. In musica c’è in realtà sempre stata l’intuizione che lo sviluppo delle cose prende spunto dalla natura intima delle cose stesse, in una sorta di “maieutica” del divenire. Il blues ed il jazz danno in questo senso un contributo fondamentale alla filosofia speculativa musicale, imponendo spesso l’accordo di dominante come accordo di tonica o comunque giocando con le settime (retaggio arabo: terza e settima neutra della scala araba sono l’origine vera delle blues notes), perché il settimo grado non sensibile è un altro armonico della fondamentale molto vicino, nella “serie” ,alla tonica, e che quindi potrebbe essere inserito nell’accordo di tonica senza alterarne la capacità di rendere stabilità).

In realtà le fasi dello sviluppo dell’LP, i quattro brani, corrispondono nello spirito ma anche, più direttamente, nel titolo, alle sezioni delle liturgie cristiane che evidentemente Coltrane conosceva bene [2]. Inoltre, nel particolare modo di “approdare” al tema “alla fine” dell’improvvisazione stessa, invece che partirne con variazioni e ampliamenti come più in uso nel jazz e spesso nello stesso Coltrane, rappresenta addirittura un messaggio chiaro di come la consapevolezza e il contatto con Dio arrivi “alla fine” di un percorso di ricerca e di tentativi, concetto caro ai Padri della Chiesa e a molti teologi predicatori dell’imitazione.

In realtà la liturgia cristiana e la concezione dei Sacramenti altro non sono che “memoriali” e “imitazioni” delle vicende e dei valori della vita di Cristo, che a sua volta è “figlio prediletto” quindi primo imitatore di Dio. Il concetto dell’imitazione si ritrova anche, spersonalizzato, nei riti di ogni religione di ispirazione animistica che vede nelle manifestazioni della natura e nella vita degli oggetti, ma anche nell’ espressione musicale, una manifestazione di Dio. Persino la religione greca, politeistica, antropocentrica e antropomorfa, vive sull’imitazione: questa volta però sono gli dei a imitare le vicende umane: miti, personaggi e vicende sono specchio di realtà interiori insondabili se non con questo meccanismo di trasposizione all’esterno simile all’ imitazione, e simile alle pratiche di psicanalisi. Si noti che quello che appare il fatto più importante di queste evoluzioni, cioè l’inversione (imitazione di Dio o imitazione che gli dei fanno degli uomini? uomo che imita la natura o natura che e specchio dell’uomo? Coltrane imita schemi liturgici precisi consapevolmente o l’istinto lo porta a intuizioni trascendentali?) è assolutamente trascurabile: in un spazio tempo fisso e staccato dallo spazio tempo terreno, ciò che accade “prima” non accade necessariamente e realmente “prima” di ciò che accade “dopo”e imitante e imitato vivono della stessa luce e partecipano comuni vicende.

“If there’s any such thing as a perfect man, I think John Coltrane was one. And I think that kind of perfection has to come from a greater force than there is here on earth…” (Elvin Jones).

Ecco qual era l’energia che Coltrane condivideva con i compagni. Ovviamente non si vuole qui affermare che fosse ispirato da Dio (chi scrive è oltretutto ateo), ma che alla base delle sue produzioni di quel periodo ci fosse un profondissimo cammino di scavo interiore. Nel quartetto interprete di A Love Supreme si assiste ad una fusione e ad un suonare insieme che va ben oltre l’interplay. In quei momenti Coltrane spande intorno un’energia che gli deriva dalla consapevolezza dell’essere uomo-antenna, fisiologicamente e spiritualmente parlando, mezzo creativo e non creatore, ancora una volta contenuto e contenitore egli stesso della musica che egli suonava. L’interplay di A Love Supreme resta uno dei momenti più alti del jazz moderno e della intera musica del novecento e il disco viene a ragione inserito dalla autorevolissima “Penguine Guide To Jazz on CD” tra i migliori dischi jazz della storia, insieme a Kind of Blue di Davis e ai classici Hot Fives di Louis Armstrong.

In civiltà non evolute a nessuno è mai venuto in mente di scindere musica sacra e musica profana – in africa la parola musica significa vita e viceversa. La lettera A dell’alfabeto greco, ad es., alfa, “aleph”, il principio creatore, ha stesse radici fonetiche della parole “Love” (amore) e “life” (vita) nonché di “leave” (partire) e “laugh” (ridere): in italiano “libero” (inversione della ph in v e della v in b), “libido” in senso di energia vitale.
Sembra quindi che in origine gli attributi dello spirito fossero questi e che fossero in realtà gli stessi della musica.

La cellula di tre note, si è detto, è allora imitazione del tema che la segue e che si manifesta “dopo” che lo si è evocato.

Il “ministro” si rivolge alla fine della preghiera alla sua gente e ottiene (nella sovraincisione dell’ “amen” erroneamente attribuita spesso al secondo tenore previsto inizialmente in quest’opera, Archie Sheep) una risposta “accorata” e “accordata”: la parola “corda” e la parola “cuore” hanno la stessa radice.

Il problema che simili architetture formali siano frutto dì un lavoro cosciente o assolutamente istintive è quindi in realtà un falso problema.
Ecco perché A Love Supreme ha venduto più di un milione di copie in 30 anni. Se si pensa che si tratta di jazz ben diverso dall’Electric Band di Chick Corea e dal Dixieland la cosa appare spiegabile solo alla luce di questo richiamo alla memoria.

La società occidentale di oggi maschera con un illusorio progresso tecnico e sociale uno spaventoso regresso culturale e un’allarmante reazione politica e economica. Il jazz, in contrasto con il lavoro di Coltrane e compagni, non solo è stato coinvolto in meccanismi di strategia commerciale che tendono a imporre un prodotto attraverso il bombardamento dei media, l’omologazione, la creazione del bisogno, ecc., ma ne è stato addirittura protagonista.

E dopo il periodo di Coltrane l’onda creativa dirompente che non si era mai arrestata da Armstrong a Parker, da Davis a Archie Sheep si è annacquata proprio per la “reazione” e il controllo che ha avuto sui movimenti dei mercato l’industria discografica.

Ecco perché chiunque ascolti Ascension o altri lavori di Coltrane dello stesso stile nota nel free più selvaggio un misterioso ordine a prima vista indecifrabile.

Coltrane voleva parlare alle anime: lo ha fatto e ha ottenuto molte risposte, direi: curiosamente più dal pubblico che dai musicisti a lui successivi.


[1] “Le Pietre che Cantano”, “Il Significato della Musica” ecc., tutti saggi editi da Rusconi e Adelphi.
[2] Nella Messa Cattolica, ad esempio, si assiste ad una fase di Lode e Ringraziamento, ad una invocazione e all’ “azione” di unione nell’ Eucaristia “Mistero di Fede”. Coltrane imparò da ragazzino a suonare il clarinetto nella banda dei Boy Scouts, diretta dal parroco.



BIBLIOGRAFIA

Sulla forma arcaica di Blues e sulle radici storiche del jazz:
Gildo De Stefano – TRECENTO ANNI Di JAZZ 1619 – 1919, ed. SugarCo 1986

Sulle “memorie musicali” e derivati:
Marius Shneider – LE PIETRE CHE CANTANO – Adelphi
Marius Shneider – I SIGNIFICATI DELLA MUSICA – Rusconi

Sulla relazione tra jazz e mercato discografico e sulla vita di Coltrane, interessante l’autobiografia di Miles Davis.

Pro Sound News ediz. Miller Freeman, rivista specializzata per attrezzature per la registrazione, riporta spesso interviste a tecnici del suono storici che lavoravano negli studi dove hanno inciso anche Davis e Coltrane. Se ne cava un’ idea assolutamente smitizzante dei lavoro creativo di quegli anni e un’immagine di quanto fosse presente la “guida” dei produttori e a volte addirittura una direzione commerciale precostituita e determinante persino in dischi come Kind of Blue.

Su John Coltrane, abbondanti notizie su lnternet su Giant Steps, vita di Coltrane, Interviste in formato Real Audio, A Love Supreme, discografia completa, ecc.

Dino Fabíani – JOHN COLTRANE. IL JAZZ E L’AMERICA – Gammalibri 1983 e testi indicati nella allegata bibliografia, fondamentale per un corretto inquadramento storico – politico dell’ esperienza di Coltrane e per gli interessanti commenti riportati da opinioni di critici autorevoli in occasione di esibizioni di Coltrane in Italia (Polillo, Musica Jazz. musicisti di allora).

Assolutamente da leggere Marcello Piras – JOHN COLTRANE, Un sax sulle vette e nelle radici dell’ io – Stampa Alternativa, 1994.

Su “A Love Supreme”: Lewis Porter in JOURNAL OF THE AMERICAN MUSICOLOGICAL SOCIETY. XXXVIII, Febb. 1985, 3.

Su le relazioni di terze in Coltrane: David Demsey in cd., Chromatic Third Relations in the Music of John Coltrane.

Da notare che altri libri di larga diffusione sul jazz non riportano neanche o trascurano enormemente la figura di John Coltrane, in ogni caso tralasciando l’ultimo periodo della sua vita in cui era maggiormente impegnato nella creazione di un nuovo linguaggio jazzistico e maggiormente ispirato.

Una vera miniera di infos è infine Stefano Zenni, critico e musicologo, rintracciabile presso la SIdMA (www.sidma.it)