E’ un piacere intervistare giovani musicisti che dimostrano passione ed entusiasmo nell’illustrare la loro storia e nel presentare il primo album uscito da pochi mesi. Il disco si segnala per la cura con cui vengono arrangiati i brani e per la pertinenza degli assoli, inseriti al momento giusto, nel modo adatto, all’interno dell’intelaiatura dei vari pezzi, in un melange moderno, ma con riferimenti precisi alla lezione dei maestri della musica afro-americana.
Chi sono i Camaleoni e perchè vi chiamate così?
Siamo un gruppo strumentale di Milano di cinque giovani musicisti, formatisi al Conservatorio e uniti da un’intesa profonda che va oltre la musica. I nostri nomi sono:
Lorenzo Palermo (pianoforte e tastiere), Fabio Pergolini (batteria), Valerio Bandi (chitarra elettrica), Andrea Brutti (basso elettrico), Riccardo Savioli (sassofoni).
Il nome “Camaleoni” è nato quasi per caso, da un piccolo diverbio tra Fabio e Valerio agli albori del progetto, quando ancora proponevamo cover. Si discuteva su quale direzione prendere per il repertorio live. Valerio era più orientato verso brani di un solo genere, mentre Fabio proponeva una scaletta variegata, che lui stesso definì “camaleontica”.
Quella parola ci fece sorridere, ma allo stesso tempo ci colpì: sembrava descriverci perfettamente. Da lì è nata l’idea. Stavamo scegliendo un repertorio eclettico e mutevole, proprio come dei camaleonti e nei live, ci rendevamo conto che portavamo sul palco un’energia intensa, quasi animalesca, da leoni. Così abbiamo deciso di fondere le due nature, dando vita a una nuova creatura: il Camaleone. Si tratta di una fusione simbolica che abbiamo anche rappresentato graficamente nel nostro logo ufficiale, raffigurando un camaleonte con criniera e coda.
Da quanto tempo suonate insieme, e riconoscete, fra di voi un band leader?
La band nasce nel 2021 e consolida la formazione nel 2023 con l’arrivo di Riccardo, conosciuto in occasione della laurea di Andrea. In realtà, ci sono legami che risalgono ad anni prima. Lorenzo e Fabio suonano insieme da quando avevano 8 anni; in seguito, è arrivato Valerio e insieme a lui è nata l’idea di fondare il gruppo. Nel 2021, in una classe di musica di insieme, Lorenzo conosce Andrea, un bassista a cui piace esplorare altri stili oltre al jazz e da subito si crea una forte intesa.
Per quanto riguarda la relazione fra noi, citando Riccardo in un’intervista radiofonica, “Siamo microcosmi che fluttuano alla stessa altezza”. Non abbiamo un vero e proprio leader, perciò, ognuno di noi svolge dei ruoli diversi. Per esempio, Valerio è diventato il vocalist ed è la voce narrante ai concerti, Lorenzo si occupa più della parte organizzativa del gruppo….
Per semplificare molto il discorso, voi siete un gruppo fusion, jazz rock, che dir si voglia. Vi sta stretta questa definizione o vi calza a pennello?
E’ sempre interessante aprire il discorso dei generi musicali. Noi, come base comune, abbiamo sicuramente il jazz, che è il nostro punto di incontro ed è la nostra ascendenza accademica. Tuttavia, ognuno di noi ha un background musicale differente. Man mano che i pezzi prendevano forma, ci siamo resi conto che era difficile definire la nostra musica dal punto di vista del genere musicale perché conteneva tanti spunti eterogenei. Un aspetto che ci rende fieri di essere Camaleoni è proprio il fatto che non giudichiamo le idee che ognuno di noi porta in sala prove e che siamo aperti a lavorare su composizioni diverse. L’importante è quello che riusciamo a comunicare con la musica. Lasciamo fluire le nostre idee e le sviluppiamo insieme senza porci limiti relativamente a dove ci porterà il processo di elaborazione. Per concludere, dunque, sì, i brani di questo primo album hanno un’estetica fusion, jazz rock, ma chissà quale forma assumeranno le nostre prossime composizioni!
Nei vostri pezzi si avverte un forte senso del blues, una certa inclinazione verso il progressive e pure nei confronti del latin jazz. Siete d’accordo con questa analisi scolpita con l’accetta?
Sicuramente, come dicevamo prima, si avvertono tante influenze diverse: il blues ce l’abbiamo tutti un po’ dentro; invece, l’anima progressive deriva da Lorenzo. Al latin ci siamo appassionati molto nell’ultimo periodo e nei live abbiamo portato anche versioni alternative di alcuni pezzi, interpretandoli proprio in questa chiave.
Nell’album ci sono pure alcuni pezzi su tempo più lento, delle ballad. Ancora una volta sintetizzo il ragionamento. Vi servono per prendere respiro oppure perchè amate molto l’aspetto melodico nella vostra musica?
“My Eyes On You”, la ballad presente nel disco, è nata dalla penna di Lorenzo, che l’ha portata al suo esame di laurea, arrangiandola per quintetto. Suonandola, però, ci siamo resi conto che quella versione non esprimeva al meglio il messaggio e l’emotività del brano. Dunque abbiamo proposto a Lorenzo di suonarla da solo e ce ne siamo innamorati così. Questa rappresenta un momento di respiro, che guida l’ascoltatore nella seconda parte del disco, e, al contempo, è una parentesi melodica di intimità e introspezione.
L’altro brano con movimenti più lenti è “Still Believe It”, portato da Andrea in sala prove prima di trasferirsi a Bologna per continuare il suo percorso di studi in musica elettronica. E’ un brano profondo composto da tre sezioni musicalmente ed emotivamente variegate e per noi è sempre intenso suonarlo dal vivo.
In generale, oltre al groove, ci piacciono la melodia e la cantabilità dei temi, aspetti che apprezziamo e ricerchiamo anche nei nostri ascolti.
Come nascono quindi le vostre composizioni?
Le nostre composizioni nascono dai singoli componenti, che portano in sala prove un’idea già sviluppata, ma non del tutto definita. A volte arriviamo con delle partiture scritte o degli obbligati, altre volte con delle idee che poi sviluppiamo insieme. Una parte fondamentale della realizzazione avviene in sala prove, dove cerchiamo delle soluzioni in cui ognuno possa esprimere sè stesso, le proprie idee e si senta a suo agio con il pezzo. Lì avviene il nostro processo di arrangiamento collettivo e di interiorizzazione del pezzo, che ci porta a renderlo parte di ognuno di noi e non più composizione di un singolo. E’ questa profonda condivisione, in cui mettiamo in discussione groove, accordi, ritmiche, intere sezioni e a volte persino i temi, che ci porta a trasformare le proposte originarie in veri e propri brani dei Camaleoni.
Siete soddisfatti del risultato finale, di “Camadamia”, nella forma in cui è stato pubblicato?
Siamo molto soddisfatti del risultato finale, soprattutto considerato che l’abbiamo concepito e realizzato con le nostre forze. E’ stata un’esperienza formativa che ci ha fatto scoprire tanti aspetti nuovi e conoscere meglio le fasi di produzione e post produzione di un progetto. Abbiamo anche seguito in prima persona le fasi di mix e master, acquisendo tante nozioni che ci saranno utili per il prossimo disco!
Vi piace improvvisare o seguite una struttura di base su cui, magari, inserire adeguate variazioni?
Un aspetto a cui teniamo particolarmente e su cui ci soffermiamo molto in fase di composizione è la struttura dei pezzi. Per noi è importante dare il giusto spazio alle idee musicali in modo da poterle far evolvere adeguatamente, senza che risultino ripetitive. L’improvvisazione è sicuramente centrale nella nostra musica, ma non è mai fine a sè stessa. In ogni composizione cerchiamo di costruire una narrazione chiara con un incipit, uno sviluppo e una conclusione ben definiti. I pezzi sono composti da diverse sezioni arrangiate, pensate per accogliere temi, incisi e obbligati scritti, ma anche per essere aperti all’interplay e alla libera espressione.
In sintesi, mettiamo creatività e libertà al servizio del brano. L’improvvisazione, per noi, non è il punto d’arrivo, ma uno degli ingredienti che arricchiscono una composizione che già di per sé possiede una forma, un senso e una voce precisa.
Quali gruppi fusion storici ammirate?
Abbiamo davvero tanti musicisti e gruppi di riferimento, ma rimanendo nell’ambito della fusion amiamo i Weather Report, Herbie Hancock, Miles Davis fino alla fusion giapponese dei Casiopea.
Fra i musicisti in attività chi trovate più interessanti?
Fra i gruppi ci piacciono Snarky Puppy, Vulfpeck e Nate Smith nell’ambito della fusion contemporanea americana, Yussef Dayes e Vels Trio della scena jazz/hip hop inglese e Calibro 35 del filone strumentale italiano. Poi, ogni componente ha le proprie influenze: Andrea ama la black music, Fabio il funk, Lorenzo ha un background classico e progressive, Riccardo ha un’anima jazz e una classica, infine Valerio è molto appassionato del punk-rock.
Avete in programma concerti in estate o in autunno?
Siamo contenti di annunciare che quest’estate faremo parte di “Chiavari In Jazz” il 15 agosto e non vediamo l’ora di questo concerto! Sarà una bellissima opportunità e un onore far parte di questa rassegna, in cui si esibiranno grandi maestri internazionali quali Enrico Rava, Enrico Pieranunzi e tanti altri!
In autunno, abbiamo in programma un concerto al Base Milano per Linecheck Festival il 20 novembre in occasione di Milano Music Week, ma arriveranno altre date! Seguiteci sui social per rimanere aggiornati. Ci potete trovare su Instagram come @camaleoniband.
Quali sono i vostri progetti per il prossimo futuro?
Per il futuro, abbiamo già in cantiere nuovi brani a cui stiamo lavorando per dare vita al nuovo album!
E i sogni in campo artistico?
I nostri sogni sono: continuare a fare musica, sperimentare e riuscire a rendere i Camaleoni una parte focale delle nostre vite. Desideriamo mantenere il clima di gioia e armonia che si instaura quando siamo sul palco, lasciando da parte i giudizi per dare spazio al divertimento.
E chi lo sa, magari arriveremo ad avere un festival a nostro nome, una serie Netflix o addirittura un documentario su di noi! Ma una cosa è certa: sentirete ancora a lungo parlare di noi.
Lasciamoli progettare e sognare. Ne hanno piena facoltà. È consolante, in questi tempi difficili, non solo per la musica, verificare che degli esordienti hanno tanta voglia di suonare e di farsi conoscere, per stupire pubblico ed addetti ai lavori con le loro proposte. Non sarà un’impresa facile, ma fanno bene, i Camaleoni, a provarci….





