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Tor Yttredal – Roberto Bonati (Some Red Some Yellow)

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Parmafrontiere (2021)

1. Tuning
2. Incanto
3. Bar to Bar
4. Some Red, Some Yellow
5. Saltimbanco
6. Invocatio
7. Bounting
8. Question Marks
9. Strokes
10. Night Village
11. To Byte Who
12. Come pioggia nel mattino silentee
13. La Venexiana
14. Seven By Seven
15. 15.Canto Antico

Tor Yttredal – sax soprano, tenore, clarinetto basso, flauto
Roberto Bonati – contrabbasso

Roberto Bonati e Tor Yttredal sono in contatto da tempo, nell’ambito della collaborazione fra il conservatorio di Parma e quello di Stavanger in Norvegia, ma è la prima volta che si confrontano in dialogo con i rispettivi strumenti in un disco formato da 15 tracce, la maggior parte composte da Bonati, una da Yttredal e 3 improvvisate, attribuite, però, alla firma di entrambi.

La musica del cd è immersa in un clima ovattato, dove ogni suono assume un senso, una valenza nell’interfaccia con la corrispondente risposta del partner, altrettanto congruente e significativa. I temi sono a volte cantilenanti e presuppongono il collegamento, la memoria di melodie popolari scandinave o perlomeno sembrano ispirati a quel tipo di ambientazione. In altri segmenti si palesano arie vellutate, classiche nella loro semplicità, animate da variazioni arabescate, che tendono a penetrare dentro i motivi e a svelarne possibili accezioni nascoste. Si intravedono in certe sequenze riferimenti al barocco e ad altri stili accademici, più vicini alla nostra epoca, sfumati, ma riconoscibili. Insomma ci sono parecchi ingredienti nell’album, fusi insieme dalla sapienza strumentale e compositiva dei due artisti. Gli angoli sono smussati, i contorni levigati, ma questo non denota un tipo di espressione fredda o esangue. Si rinviene in “Some red some yellow” parecchia polpa al suo interno. Non si tratta di un esercizio formalmente ineccepibile, ma vuoto di contenuti, cioè. Un cd così congegnato, poi, mette in risalto la grande intesa fra Bonati e Yttredal. La voce dei sassofoni pare, infatti, una propaggine della voce del contrabbasso e viceversa. Tutto è in ammirevole e ricercata continuità. Anche quando prende strade divergenti, almeno apparentemente, il duo trova nessi comuni, attinenze intuitive. Si fa apprezzare in particolare la capacità del sassofonista norvegese di costruire strati uniformi di note lunghe modulate, pronunciate in modo differenziato, per evidenziare il carattere peculiare di ogni singolo fraseggio. Bonati, da parte sua, non è mai a completo servizio delle iniziative del partner. Il contrabbasso inventa un accompagnamento da solista in ogni frangente, prendendosi, in determinati punti, uno spazio per portare avanti idee rigogliose o disegnare fondali di rara efficacia. Contribuisce, infine, ad accrescere il fascino di due pezzi John Derek Bishop, abile manipolatore elettronico, in grado di infiltrarsi nel mondo dei due titolari dell’impresa con discrezione e accortezza.

Questo capitolo, in conclusione, va a collocarsi convenientemente nella discografia di Roberto Bonati, già ricca di prove di ottima qualità, confermando l’abilità del bandleader parmense di immaginare e realizzare musica con organici di tipo differente, dal solo alla big band, in maniera raffinata, colta e personale.