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Francesco Chiapperini (On The Bare Rocks and Glaciers)

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Caligola (2021)
1. Signore delle cime
2. Stabat Mater
3. Le voci di Nikolajevska
4. La battaglia di NiKolajevska
5. Nikolajevska’s Lament
6. Montagne Addio
7. Perati Bridge
8. Sul ponte di Perati
9. The Green Mountain
10. Su in Montagna
11. Lo sguardo da Lassù
12. Su in montagna-reprise
13. Prendi e Perdi
14. Il Gotico
15. Prima di entrare nell’antro
16. I Dovregubbens hall
17. Prima di pregare
18. Preghiera degli alpini
Francesco Chiapperini – clarinetti, arrangiamento
Virginia Sutera – violino
Vito Emanuele Galante – tromba
Mario Mariotti – cornetta
Roger Rota – fagotto
Andrea Ferrari – sax baritono
Maurizio Arena – voce recitante

Francesco Chiapperini, a tre anni di distanza da “The big earth”, insolita e ben riuscita registrazione dedicata alle marce funebri molfettesi, pubblica un nuovo cd, ancora una volta eccentrico, rivolto ai canti alpini e di montagna. La formazione assemblata da Chiapperini, per l’occasione, è di tipo cameristico ed è formata da cinque strumenti a fiato più un violino. Nel pezzo conclusivo, inoltre, si inserisce la voce recitante di Maurizio Arena. Nell’album, accanto a temi celebri del repertorio dei cori alpini, si affiancano brani classici di Pergolesi e di Grieg, una composizione di Steve Swallow, oltre ad un certo numero di original a firma del bandleader.

I motivi tradizionali vengono riletti con il massimo riguardo, avendo cura di riprendere le melodie nella loro integrità, nella loro forza evocativa, con unisoni corposi e solenni, utilizzando il sestetto come un ensemble orchestrale. Le tracce originali sono in linea, poi, con lo spirito dei brani d’autore. C’è un filo estetico e narrativo, cioè, che permea tutta l’opera. In certe sequenze si incuneano fermenti jazzistici, di un jazz contemporaneo, libero e privo di remore, perfettamente amalgamati, però, in un quadro complessivo organico e coeso. Il sestetto marcia compatto, in perfetta sintonia, nelle parti scritte e arrangiate, e si esalta quando ci sono momenti in cui viene dato spazio all’estro individuale estemporaneo. Il gruppo è costituito, infatti, da valenti solisti e improvvisatori, capaci di sparigliare le carte in tavola o di ricomporre il mazzo, a seconda delle esigenze espressive e compositive. Chiapperini ha puntato molto, ancora, su un suono caratterizzante la formazione, su una timbrica solida, piena, dinamicamente mossa. Fra i componenti della band, tutti all’altezza della situazione, si segnalano in particolare Roger Rota al fagotto, per il tipo di contributo fornito, anche rispetto al tipo di sonorità inconsueta messa in campo, e Virginia Sutera, al violino, capace principalmente di sostenere con toni lirici appropriati le parentesi mistiche o dolenti.

Francesco Chiapperini, in conclusione, fa ancora una volta centro, realizzando un disco del tutto anomalo, difficile da catalogare, dotato di grande fascino. Le arie famose sono restituite, invero, pari pari nella loro bellezza e le nuove composizioni completano degnamente il disegno di un compositore sempre alla ricerca di spunti, di ispirazioni, per allestire progetti dove il jazz magari entri di traverso, ma sia comunque un elemento fondante, in questo caso come linguaggio comune, o come sintassi dei musicisti radunati per l’incisione.