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Dino Betti Van der Noot – (Brahm dreams still)

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(Audissea 2025)

  1. Brahm Dreams still
  2. A CrystalineWindless sea
  3. Interlude in C
  4. Faraway Mountainsl turning into Clouds
  5. Aux premières heures bleues

GianPiero LoBello, Alberto Mandarini, Mario Mariotti, Fabio Brignoli: trumpets & flugelhorns
Luca Begonia, Stefano Calcagno, Enrico Allavena: trombones
Gianfranco Marchesi: bass trombone
Sandro Cerino: flute, bass clarinet & alto saxophone
Andrea Ciceri: alto saxophone
Giulio Visibelli: alto flute & tenor saxophone
Rudi Manzoli, tenor saxophone
Gilberto Tarocco: clarinet, bass clarinet & baritone saxophone
Luca Gusella: vibraphone
Emanuele Parrini: violin
Niccolò Cattaneo: piano
Danilo Mazzone: keyboards
Vincenzo Zitello: clarsach harp
Gianluca Alberti: electric bass
Stefano Bertoli: drums
Tiziano Tononi: snare drum, udu drum & percussions
Federico Sanesi: tabla, pakhawaj, darabouka, tanpura, bells, cow bells, stone chimes & ocean drums

Un nuovo disco di Dino Betti è sempre una specie di evento che si aspetta fiduciosi, perché si manifesta con regolarità, biennalmente, da qualche tempo a questa parte. Anche “Brahm dreams still” viene pubblicato due anni dopo il penultimo cd, “Let us recount our  dreams”, uscito, appunto, nel 2023. Come d’abitudine il band leader milanese si affida al suo collaudato ensemble, composto, grosso modo, sempre dagli stessi elementi. In questo caso, ci sono due variazioni, rispetto alla precedente formazione. Fabio Brignoli, alla tromba, prende il posto di Paolo De Ceglie e, invece di Filippo Rinaldo, alle tastiere, figura Danilo Mazzone. L’album consta di 5 tracce, tutte a firma di Dino Betti, mai incise prima d’ora. Al maestro non piace ripetersi, infatti, e se in qualche opera si è assistito al ripescaggio di qualche pezzo, è stato per assegnargli una nuova veste, non certo per risparmiarsi la fatica della composizione.

La musica del cd mantiene i connotati tipici dell’universo espressivo Bettiano. I temi vengono enunciati, infatti, da pieni orchestrali e hanno un carattere solenne, maestoso. Su questi blocchi monolitici di armonie e di accordi si intrufola l’intervento di uno strumento, in molti casi il pianoforte, che va a ruota libera, increspando le acque, movimentando la scena e suggerendo nuove prospettive di evoluzione. In un punto convenuto, poi, si affaccia e si disvela l’intervento del solista o dei solisti di turno ( a volte in coppia), accompagnato/accompagnati quasi sempre da pochi strumenti. In questo caso l’orchestra si restringe a trio o quartetto. E’ una costante, questa, del modo di comporre e arrangiare del leader. Il tema viene successivamente ripreso e riesposto dalle sezioni dei fiati, per aprire a nuove incursioni solistiche, mentre arpa, basso elettrico, tastiere e violino impongono il loro timbro. determinante per realizzare il sound complessivo, originale, della big band. I tre percussionisti, infine, utilizzano pure strumenti etnici per produrre una base ritmica libera e propellente, che tenga in piedi, comunque, “la baracca” ed espanda colori e umori a tutto l’insieme.

Il brano migliore fra i cinque è, sicuramente, “Aux premières heures bleues”, per i continui cambi di registro, all’interno dei sette minuti e mezzo di durata, fra momenti tesi e vibranti, oasi di quiete apparente, sequenze tirate e incalzanti, parentesi circensi, a tempo di marcia.

Come si colloca, in conclusione, “Brahm dreams still” rispetto agli ultimi dischi di Dino Betti? È In perfetta continuità. Non c’è alcun dubbio in proposito. In più, attraverso succose citazioni letterarie, o abili accostamenti concettuali, il band leader, nei suoi titoli, propone una riflessione intellettualmente ineccepibile sul presente, sulla nostra storia, con uno sguardo speranzoso e ottimista, malgrado tutto, verso il prossimo futuro.