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Together Again: Bill Evans e Tony Bennett – Introduzione

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Le trascrizioni di brani pianistici sono di numero via via crescente e soprattutto di Bill Evans sono reperibili molte partiture integrali. Nei due dischi piano e voce con Tony Bennett (The Tony Bennett/Bill Evans Album del 1975 e Together Again registrato sul finire del 1976 e uscito nel 1977) si può ascoltare Evans nell’inconsueto ruolo di accompagnatore di un cantante, anche se la definizione di “accompagnatore” non esprime adeguatamente il contributo apportato dal pianista.

La sapienza con cui Evans definisce ogni parte dei brani, unitamente al gusto e all’eleganza del suono sono sorprendenti, soprattutto se si considera che entrambi i dischi siano stati interamente pensati e realizzati nell’arco di pochi giorni.

Ho scelto di trascrivere Together Again con l’aggiunta delle canzoni Who Can I Turn To? e Dream Dancing pubblicate nella ristampa del 2003 (Concord Records). Questo lavoro propone l’analisi di aspetti ritenuti significativi e tutti gli esempi contenuti derivano dal materiale trascritto.

L’uscita nel 2009 del doppio CD Concord The Complete Tony Bennett/Bill Evans Recordings alla ristampa di entrambi i dischi aggiunge venti alternate take. Di queste ben quindici appartengono a Together Again e costituiscono materiale ulteriore di analisi.

La scrittura nel jazz è importante per fissare la forma, la melodia, l’armonia e l’andamento ritmico di un brano, riducendo all’essenziale i segni d’espressione, di articolazione, di dinamica e agogica che la fonte sonora stessa restituisce fedelmente. La trascrizione complessa come quella di una parte pianistica comporta la necessità di operare in senso analitico già nella fase di stesura. Ad esempio è necessario ricondurre a una scrittura mensurale le parti in rubato che specie nel piano e voce sono molte, evidenziare l’autonomia di alcune voci accordali, stabilire in maniera plausibile a quali delle due mani affidare alcune note o linee.

Questa parte scritta del lavoro entra progressivamente nel dettaglio di alcuni aspetti del pianismo di Evans, mettendo in risalto la ricchezza dei mondi espressivi cui poteva attingere in aggiunta a quello jazzistico, grazie agli studi pianistici classici e alla conoscenza profonda dei principi compositivi di ogni epoca, da Bach a Stravinsky.

Alcune considerazioni riguardano ovviamente anche Bennett che stupisce per la limpidezza del timbro e per il fraseggio sempre chiaro e fluido, per la naturalezza e precisione della pronuncia e per la varietà ritmica con cui caratterizza ogni forma-motivo.

La Parte I traccia un breve profilo dei due artisti, con l’intento di porre in evidenza le circostanze e i presupposti musicali che hanno portato a questo fortunato incontro professionale, che molta critica del tempo giudicava forzato e improbabile. In realtà Evans e Bennett condividevano l’amore per lo stesso repertorio e per un canone estetico “classico”, raffinato.

La Parte II esamina quelle che sono le principali strategie che di norma il pianista accompagnatore mette in atto durante un’esecuzione in duo piano e voce e come Evans interpreta questo ruolo, alla luce di quelle che possono essere considerate pratiche abituali.

Nella Parte III si entra nello specifico dell’analisi dei brani e degli aspetti stilistici particolari di Evans e Bennett.