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Together Again: Bill Evans e Tony Bennett – Parte IIa – Considerazioni generali sul duo piano/voce in relazione al duo Evans/Bennett

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Newport Jazz Festival (New York) Carnegie Hall, 25 giugno 1976 Foto: Associated press

Spesso il pianista di jazz si dimostra quasi aprioristicamente riluttante a esercitare il ruolo di accompagnatore. Probabilmente sa che ottenere risultati apprezzabili in quest’ambito specifico non è per nulla facile, che per affinare l’intesa con una voce è necessario molto lavoro, che deve inoltrarsi in territori in parte molto diversi da quelli abituali, e far ricorso a strategie e competenze precise che non esercita abitualmente. Lo stesso ruolo, nel duo strumentale, per molti aspetti presenta difficoltà simili, tuttavia quando si lavora con una voce, molti altri fattori entrano in gioco. Intanto la relazione con il testo che, tra le tante cose, porta con sé un certo modo di considerare il rapporto con il “tempo” che quasi mai è quello metronomico. Allora uno dei parametri principali da considerare diventa l’agogica che implica molta attenzione e una ricerca continua di coesione con il partner.

L’arte di accompagnare coinvolge diverse competenze, in particolare la capacità di ascoltare, di creare e utilizzare lo spazio attraverso un uso sapiente di parametri come agogica, densità e registro.

Ritratto a Bill Evans di Tony Bennett

La cantante Roberta Gambarini, da anni residente negli Stati Uniti, ha inciso il disco in duo con Hank Jones “You Are There” (2008) e in un’intervista, a proposito di Hank Jones, rilevava la capacità del pianista di intuire la direzione in cui la musica stesse andando e il saper gestire con estrema precisione le strade più avventurose. In merito a questa affermazione Hank Jones sottolinea l’importanza di ascoltare attentamente la direzione del fraseggio e seguire, mai condurre il cantante, attraverso un lavoro quasi invisibile.

La parte pianistica, sempre interessante ma mai invadente, deve conservare una sua autonomia, sia dal punto di vista ritmico che armonico, ed essere in sintonia con gli stati d’animo del momento.

Attraverso l’uso vario di voicing stilisticamente appropriati, della gestione dello spazio, delle dinamiche e del controllo della texture accordale (che prevede l’uso di voicing di pochi suoni, da contrapporre ad accordi più densi e sonori), il pianista accompagnatore può agire essenzialmente da compositore, impegnandosi costantemente nel collegare ogni elemento al tutto. Così anche una piccola forma come la canzone, con le sue idee interconnesse, parti extra-chorus e sviluppi, può assumere un notevole grado di complessità.

Durante l’esecuzione in duo, il pianista ha di norma a disposizione un ventaglio di possibilità ampio.

Iniziare il brano in una tonalità diversa, quindi preparare la tonalità del cantante con una modulazione
Nello specifico del disco in esame Togrther Again, Evans usa questa tecnica nel brano Who Can I Turn To, in cui espone tutto il tema in solo, in tonalità di La bemolle maggiore per poi, attraverso il solo accordo di dominante (C13sus), suggerire la nuova tonalità di Fa maggiore a Bennett (Es.1).

Es1

Si noti come Bill Evans prepara l’ingresso della voce attraverso l’uso del pedale armonico di Mi bemolle con disegno di terzine e un chiaro andamento in due con gli accordi della mano destra. Il sostegno al cantante è in questo caso apportato attraverso la preparazione del clima, dell’andamento, più che per esplicito suggerimento di note melodiche e accordi della nuova tonalità.

Cambiare metro nella parte solistica
Evans si avvale di questa possibilità non nelle parti solistiche ma nell’introduzione (in tre quarti) del brano You Don’t Know What Love Is (in quattro quarti; Es. 2).

Es.2

Sostituzioni armoniche e riarmonizzazioni
La possibilità di intervenire sull’armonia con sostituzioni armoniche e riarmonizzazioni è praticata comunemente. Bisogna che le sostituzioni armoniche non siano destabilizzanti per il cantante, quindi non devono essere troppe e soprattutto non trovarsi in contrasto con le note della melodia. Quanto alle riarmonizzazioni, queste, generalmente, si concordano e testano nelle sessioni di prova. Tommy Flanagan quando accompagnava Ella Fitzgerald, diceva di essere particolarmente attento ad attenersi al modello originale della canzone. Anche Bill Evans è sempre molto aderente alle armonie originali, tuttavia più che sostituire gli accordi (certo sono comuni le sostituzioni al tritono), aggiunge accordi intermedi spesso di tipo diatonico. Questo gli permette di accrescere interesse senza snaturare l’armonia originale e al contempo di dare all’andamento in due un carattere più solido e orchestrale (Es.3).

(Es.3) You Don’t Know What Love Is

Walking bass nei tempi più veloci
Probabilmente la natura slow e ballad dei brani non suggerisce mai a Evans il walking bass, tuttavia è una tecnica che non era solito utilizzare. Anche nei suoi trii, al contrabbassista era richiesto di interagire melodicamente più che scandire il metro.

Impiego di figure ritmiche come sincope e contrattempo per dare maggior impulso ritmico
Nell’esempio seguente (Es. 4a), alla voce del basso in sincope, Evans contrappone accordi in battere della mano destra sul primo e terzo movimento. Tali accordi producono il duplice effetto di far risaltare la figura della sincope e di esplicitare la pulsazione in due a favore della voce.

(Es. 4a) Make Someone Happy

(Es. 4b) Dream Dancing

Il tempo medium swing di Dream Dancing (Es. 4b), favorisce l’uso delle sincopi. E’ comunque premura di Evans, appoggiare l’accordo in battere di G7 con la mano destra sul terzo movimento della seconda battuta.
Per ciò che riguarda l’uso di altre figurazioni ritmiche come anticipi, poliritmi e modulazioni ritmiche, si rimanda al capitolo riservato all’analisi dei brani.

Interazione melodica e contromelodie
L’interazione melodica, cioè il rapporto dialettico che s’instaura tra pianista e cantante, implica uno sforzo collaborativo e può presentarsi in modi molto diversi. Ogni melodia, con il suo profilo, suggerisce dove e come stabilire relazioni melodiche. Il cantante può creare altro spazio riducendo il valore di alcune note, specie quelle di finale di frase. In questo Bennett è un autentico maestro ed è anche per questa sua natura ritmica così varia e asciutta che va, a mio avviso, considerato un grande cantante di jazz (Es. 5).

(Es. 5) Lucky To Be Me

Rispetto a una lettura a note lunghe e regolari della melodia di Lucky To Be Me (rigo superiore), sono evidenti gli spazi creati da Bennett (rigo inferiore) attraverso un lavoro di contrazione e raggruppamento degli elementi melodici e la breve durata delle note conclusive di ogni motivo. Questi “spazi aggiunti” permettono a Evans di agire negli interstizi attraverso brevi frammenti melodici armonizzati (Es. 6).

Es. 6

Spesso i brevi interventi pianistici privilegiano degli intervalli di due o più note a distanza di terza (Es. 7), quarta (Es. 8), quinta (Es. 9), sesta (Es. 10).

(Es. 7) You Don’t Know What Love Is

(Es. 8) Dream Dancing

(Es. 9) You Don’t Know What Love Is

(Es. 10) Lonely Girl

Quando l’intervento melodico è a note singole, assume spesso un disegno agile e si presenta di norma sotto forma di arpeggio o scala (Es. 11).

(Es. 11) You Don’t Know What Love Is

Negli esempi appena illustrati Evans agiva negli interstizi delle frasi, in quelli che seguono, interagisce con Bennett costruendo delle contromelodie. Nell’esempio 12 ho evidenziato la contromelodia togliendo le note sotto di essa. Da notare come la stessa linea è raddoppiata all’ottava inferiore (mano sinistra) e procede per moto contrario rispetto al tema cui si ricongiunge alla quarta misura, con un disegno di terze.

(Es. 12) Make Someone Happy

L’interazione melodica è possibile, ovviamente, anche all’interno della sola parte pianistica. E’ buona norma mettere in risalto le differenti voci attraverso un uso appropriato della dinamica e, nella scrittura, avere cura di distinguerle chiaramente. Nell’esempio seguente (Es. 13) la freccia indica la contromelodia, il riquadro, il frammento melodico armonizzato a conclusione di frase.

(Es. 13) Maybe September

Si può imparare molto dagli interventi ornamentali dei grandi cantanti/pianisti del passato come Nat “King” Cole ad esempio, con il suo gusto sempre impeccabile.
Altri ottimi esempi d’interazione tra voce e strumento si possono ascoltare nelle registrazioni storiche di Lester Young con Billie Holiday e John Coltrane con Johnny Hartman.