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Vicenza Jazz New Conversations, XXIX edizione, 2025.

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“Elogio dell’errore” è il titolo che il direttore artistico Riccardo Brazzale ha scelto per l’edizione di quest’anno dell’ormai storico festival vicentino, che ha proposto come sempre un programma ricco e interessante, avvalendosi dei diversi prestigiosi spazi che la città veneta offre.

Chi scrive ha seguito due serate del festival, la “Solo piano night” del 18 maggio presso il Teatro Olimpico e la serata successiva presso la Sala del Ridotto del Teatro Comunale.

Nella “Solo piano night” due pianisti, quasi coetanei, uno israeliano, l’altro africano-americano, due diversi modi di accostarsi al jazz, entrambi validi, interessanti, stimolanti.

Shai Maestro, da alcuni anni entrato nella scuderia Ecm, è solito esibirsi in solitudine, pur avendo fatto parte di diverse formazioni. Musicista aperto, sorridente, comunicativo, nel suo set ha mostrato la sua prodigiosa tecnica che deriva da studi classici, il suo convincente uso della mano sinistra, un feeling intenso, un costante riferimento al maestro Jarrett, spaziando da brani della tradizione come Prelude to a Kiss, a una versione sublime, quasi irriconoscibile, del capolavoro monkiano ‘Round Midnight, per poi lasciare spazio alla sua verve compositiva con l’esecuzione di Gloria, delicata ballad dedicata alla moglie, e When You Stop Seeing, un brano intenso, profondo, ricco di pause, lirico, davvero commovente, che Maestro ha introdotto spiegandone il senso, quello di un forte messaggio di pace per Gaza, chiarendo che ”we are not our government”, discorso accolto dal pubblico con un lungo applauso. Per bis, l’indimenticabile Beatriz di Chico Buarque, spuzzata con una toccatina di spanish tinge.

In questo tour europeo per solo pianoforte, che segue la pubblicazione del doppio album del 2024 «Solo Game», il pianista statunitense Sullivan Fortner è solito iniziare i concerti con un brano di Stevie Wonder, e il set vicentino non ha fatto eccezione. Uno stile pianistico totalmente diverso da quello dell’israeliano, ma altrettanto tecnicamente sorprendente, che denota una passione, un trasporto, un entusiasmo trascinante, un approccio sorridente e ottimista alla materia musicale, che ben conosce chi ha avuto l’opportunità di ascoltarlo su disco e dal vivo insieme a Cecile McLorin Salvant. Questo approccio gioioso e giocoso si percepisce molto chiaramente, avvince l’ascoltatore, insieme al suo spaziare a tutto campo nella storia del pianoforte jazz, senza barriere temporali, restituendone una summa ricca e festosa, da Jelly Roll Morton, a sue composizioni originali, al morriconiano tema di Nuovo Cinema Paradiso, a Fats Waller (Ain’t Misbehavin’), per concludere con un bis che è stato un omaggio all’opera italiana, in particolare a Puccini, con Che gelida manina.

La Sala del Ridotto del Teatro Comunale ha accolto due set profondamente diversi: il nuovo trio del pianista sudafricano Nduduzo Makhathini e la Lydian New Call.

Makathini era accompagnato dal connazionale Dalisu Ndlazi al contrabbasso e dal batterista habanero Lukmil Perez. Il pianista, che incide per Blue Note, si sceglie con attenzione i partner, e anche stavolta ha fatto centro, con un trio che è una costante lezione di interplay. L’uso della voce, calda e suadente, è essenziale nella poetica del nostro, e ne costituisce un tratto essenziale, insieme a un senso melodico e una concezione ritmica tipicamente sudafricani, con ovvi riferimenti alla poetica di Abdullah Ibrahim. Del batterista non si potrebbe dir meglio: stabilitosi in Europa dal 1999, ha collaborato con un gran numero di artisti appartenenti a diversi generi musicali, e ha uno stile incisivo e delicato, che si adegua alla perfezione con la proposta musicale di Makathini. Anche il giovane contrabbassista appare in perfetta sintonia col leader, e il risultato musicale è stato di grande presa sull’uditorio.

Sorprendente (e apprezzabilissima) la scelta di Riccardo Brazzale di infondere nuova vita alla sua creatura musicale, la Lydian Sound Orchestra, che dopo trentacinque anni di attività cambia nome (Lydian New Call) e organico, accogliendo giovani ma già affermati musicisti, che devono essere giustamente menzionati uno per uno: Gaia Mattiuzzi (voce), Manuel Caliumi (alto, soprano), Giovanni Fochesato (tenore), Giulia Barba (baritono, clarinetto basso), Michele Tedesco (tromba), Glauco Benedetti (tuba, trombone), Marcello Abate (chitarra), Nazareno Caputo (vibrafono), Salvatore Maiore (violoncello), Federica Michisanti (contrabbasso), Bernardo Guerra (batteria). In questa anteprima nazionale (la prima avverrà a metà giugno a Roma alla Casa del Jazz, in occasione della registrazione del disco per Parco della Musica Records), la nuova Lydian si è rivelata un progetto fresco e stimolante, condotto sempre con verve da Brazzale, spaziando su un repertorio fresco e differenziato tra brani originali e composizioni mai scontate di autori come Paul Motian, Ornette Coleman – con un trascinante walking di Michisanti -, Mingus, Monk, e un omaggio a Steve Reich del chitarrista, eseguito senza la conduzione del capo orchestra. Ben valorizzata la splendida voce di Mattiuzzi, e davvero interessanti alcuni dei solisti. Una ulteriore bella testimonianza della vitalità del jazz italiano.