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Brad Mehldau (The Folly of Desire)

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PentaTone Classics (2023)

  1. The Sick Rose (William Blake)
  2. Leda and the Swan (W. B. Yeats)
  3. Sonnet 147 (William Shakespeare)
  4. Ganymede I (Johann Wolfgang von Goethe)
  5. Sailing to Byzantium (W. B. Yeats)
  6. The Last Night that She lived (Emily Dickinson)
  7. Night I (Bertolt Brecht)
  8. The Angel (William Blake)
  9. Ganymede II (Johann Wolfgang von Goethe)
  10. The Chimney Sweeper (William Blake)
  11. Night II (Bertolt Brecht)
  12. Lullaby (e.e. cummings)
  13. These Foolish Things (Eric Maschwitz / Jack Strachey)
  14. Nacht und Träume, D 827 (Franz Schubert)
  15. In the Wee Small Hours of the Morning (David Mann / Bob Hilliard)
  16. Every Time We Say Goodbye (Cole Porter)
  17. Night and Day (Cole Porter)

Brad Mehldau – pianoforte, composizioni
Ian Bostridge – tenore

Con The Folly of Desire, Brad Mehldau affronta una delle sfide più ardite della sua carriera: trasformare in un ciclo per voce e pianoforte testi di poeti come Blake, Yeats, Shakespeare, Goethe, Auden e Brecht, riletti alla luce delle domande poste dal movimento #MeToo e dalla riflessione contemporanea sui rapporti di potere e desiderio. Accanto a lui, il tenore Ian Bostridge, voce tra le più autorevoli della scena liederistica, presta il suo timbro febbrile e colto a una partitura che attraversa confini stilistici, tenendo insieme la tradizione del Lied europeo e la sensibilità jazzistica di Mehldau.

Il cuore dell’album è costituito dalle undici composizioni originali di Mehldau. Brani come The Sick Rose e The Angel restituiscono la dimensione visionaria di Blake con armonie sospese, quasi a evocare un piano notturno che si muove tra inquietudine e trasfigurazione. In Leda and the Swan e Sailing to Byzantium di Yeats il pianoforte si fa più drammatico e declamatorio, mentre la voce di Bostridge amplifica la tensione erotica e mitica dei versi. Le due versioni di Ganymede offrono invece un contrasto interno: la prima più contemplativa, la seconda più densa di dissonanze, quasi a sottolineare il conflitto tra desiderio e innocenza.

In Sonnet 147 di Shakespeare e in The Last Night that She lived di Emily Dickinson emerge la vena intimista di Mehldau: il pianoforte tesse linee rarefatte che accompagnano l’ambiguità del testo, sospeso tra passione e morte. Le due Night su Brecht, insieme a The Chimney Sweeper, sono tra le pagine più cupe e incisive del ciclo, con echi politici e sociali che risuonano nelle armonie spezzate e nelle inflessioni teatrali della voce. Infine, Lullaby su versi di e.e. cummings introduce un registro più tenero e quasi infantile, come un fragile contrappunto alla densità che lo precede.

Il blocco conclusivo, con standard e classici della tradizione, funziona da epilogo e da contrappeso. These Foolish Things e In the Wee Small Hours of the Morning richiamano l’intimità del songbook americano, filtrata però da una sobrietà cameristica che li allontana dal puro jazz. La scelta di inserire Nacht und Träume di Schubert si rivela cruciale: come un ponte diretto tra il Lied ottocentesco e la sensibilità moderna di Mehldau. A chiudere, Every Time We Say Goodbye e Night and Day di Cole Porter confermano la volontà di collocare questo progetto in un orizzonte trans-stilistico, dove il desiderio si racconta con le stesse domande ma in idiomi diversi.

The Folly of Desire è quindi un lavoro decisamente ambizioso e profondamente attuale: non un semplice incontro tra jazz e Lied, ma una riflessione musicale e poetica sul desiderio, sulle sue ombre e sulle sue metamorfosi. La scrittura di Mehldau, densa e raffinata, trova in Bostridge un interprete ideale, capace di reggere la tensione culturale e timbrica del progetto. Ne risulta un album che interroga tanto la tradizione quanto il presente, e che conferma Brad Mehldau come uno dei pochi musicisti in grado di reinventare il repertorio colto senza rinunciare alla propria identità jazzistica.