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Together Again: Bill Evans e Tony Bennett – Parte III – I brani: “Maybe September”

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Maybe September è una canzone tratta dal film The Oscar (1966) in cui compare nel cast lo stesso Tony Bennett. Mentre la pellicola riceve recensioni contrastanti, la canzone, scritta da Percy Faith su testo di Ray Evans e Jay Livingston, è un buon successo grazie proprio all’interpretazione di Bennett. Il brano fa parte anche del disco The Movie Song Album sempre del 1966 dove Bennett interpreta canzoni tratte da film famosi tra cui Samba de OrfeuSmile e Days Of Wine And Roses. Al disco, arrangiato e diretto da Neal Hefty e Quincy Jones, hanno collaborato tre grandi pianisti come Tommy Flanagan, Jimmy Rowles e Lou Levy. Proprio di Tommy Flanagan è una bella versione di Maybe September, in trio con George Mraz (contrabbasso) ed Elvin Jones (batteria) nel disco Confirmation (1982).

Maybe September è una canzone in 4/4 con struttura AAB (16+16+16 battute). Le sezioni A sono in tonalità di Si bemolle minore e la B nella parallela Si bemolle maggiore.

Evans apre il brano con un’introduzione di quattro battute, costruita su una successione di accordi tutti a distanza di terza, riconducibili alla scala minore naturale della tonalità d’impianto di Si bemolle minore: da Abmaj7 (VII grado) fino al Cm11(b5) (II grado) che porta alla dominante F7(13), a sua volta preceduta dall’accordo d’approccio Gb7(13).

La melodia dell’introduzione ha ritmo semiminima puntata-croma, con profilo discendente (melodia a picco) di seconde e le note in battere, le semiminime puntate, sono tutte appoggiature delle crome e ricorda il tema di Blue In Green (Es75).

Nelle due alternate take Bennett espone il chorus per intero, poi Evans suona in solo le due sezioni A e Bennett conclude con l’ultima sezione B. Nella versione ufficiale sono cantate le due A iniziali e il solo di Evans ha inizio dalla sezione B in Si bemolle maggiore, prosegue sulle successive due A del secondo chorus e Bennett rientra alla sezione B conclusiva. Le idee musicali di Evans sono le medesime in tutte e tre le versioni: stessa progressione all’introduzione, stessa idea per il finale e stessa contromelodia nella parte solistica.

Alla conclusione della seconda sezione A dell’esposizione Evans usa un disegno poliritmico che ritorna più volte nel brano (Es. 76).

A conclusione del primo chorus il disegno poliritmico si estende a due battute fuori dalla struttura, questa volta in minore (Es. 77).

Subito dopo, a battuta 55, un movimento per moto contrario tra melodia e basso ha inizio da un unisono (Re bemolle 4) che si protrae per tre battute, creando un bell’effetto di apertura di registro (Es. 78).

A partire da una successione di terze di una quintina di sedicesimi (Es. 79), Evans riespone la stessa figura nello stesso punto del secondo chorus, questa volta con la successione di triadi parallele (Es. 80).

Nella coda le armonie per terze diventano di quattro suoni (Es. 81).

L’uso di questi accordi è da considerarsi totalmente indipendente dalla condotta delle parti poiché rappresentano l’ispessimento di una voce. I compositori impressionisti usavano spesso questa tecnica, ad esempio Stravinsky nel Petruska (Es. 82) e nella Sagra della Primavera (Es. 83).

Anche le due battute seguenti (Es. 84) su pedale di dominante, sembrano avere molta attinenza con il finale dell’Uccello di fuoco (Es. 85).